Economia

PIL: Italia ultima in Europa, l’UE taglia la crescita 2019 a +0,2%

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Le stime di crescita per l'Italia, secondo le previsioni economiche d'autunno pubblicate oggi dalla Commissione europea, vedono un fiacco 0,2% per il 2019, il dato peggiore dell'Eurozona, nel contesto di una generale revisione al ribasso, a causa principalmente delle tensioni sul commercio internazionale. Mentre però per l'Eurozona la revisione al ribasso per il 2019 è di 0,6 punti percentuali rispetto alle precedenti previsioni d'autunno (dall'1,9% all'1,3%), per l'Italia la riduzione è di un intero punto percentuale (dall'1,2 allo 0,2%). «Nel 2019 – afferma la Commissione -, la crescita annua del PIL reale è prevista allo 0,2%, considerevolmente in ribasso rispetto alle previsioni d'autunno. Un rallentamento ciclico peggiore del previsto nel 2018, amplificato dall'incertezza politica interna e mondiale e dalle prospettive di investimento sostanzialmente meno favorevoli da parte delle imprese, spiega in gran parte questa revisione al ribasso. Inoltre, è probabile che il rallentamento economico più marcato registrato da parte di importanti partner commerciali abbia effetti a catena sulla manifatturiera italiana». «L'economia italiana – ricorda la Commissione – ha iniziato a perdere slancio all'inizio 2018 nel contesto di un più ampio rallentamento dell'area dell'euro ed è scivolata in una contrazione nella seconda metà dell'anno. Il Pil reale è calato dello 0,2% negli ultimi tre mesi del 2018, dopo una diminuzione dello 0,1% nel trimestre precedente». «Mentre il rallentamento iniziale – spiega l'Esecutivo Ue – era in gran parte dovuto al commercio mondiale meno dinamico, il recente indebolimento dell'attività economica è più attribuibile alla fiacca domanda interna, in particolare gli investimenti, ed è – sottolinea la Commissione – il prezzo da pagare per l'incertezza della politica economica del governo e per l'aumento dei costi di finanziamento».

Inoltre la Commissione nota che «in termini annuali, reali il Pil è cresciuto dell'1,0% nel 2018, aiutato da un considerevole effetto di riporto dall'anno precedente». Anche le  proiezioni per la produzione industriale sono decisamente negative: «L'attuale continuo indebolimento del settore manifatturiero, con un forte declino del 'sentiment' economico, non promette bene per la prospettiva a breve termine. L'attività economica è probabile che rimanga anemica nella prima metà del 2019», conclude la Commissione.

Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, commentando in Aula alla Camera la revisione delle stime da parte della Ue, ha affermato che il  taglio delle stime sulla crescita del Pil italiano e dell'area euro «conferma la sottovalutazione persistente della necessità a livello europeo di una politica di maggior sostegno alla crescita». «La nuova previsione annunciata oggi dalla Commissione europea, – ha ricordato il ministro – ha rivisto la stima della crescita dell'Italia nel 2019 dall'1,2% della previsione autunnale di novembre allo 0,2%, tagliando anche la previsione dell'area euro dall'1,9% all'1,3%» 

Dal canto suo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, tornando sull’argomento a margine di Condindustria Connext, ha dichiarato che «Siamo in presenza di tagli previsionali che, al di là dei decimali in più o in meno, evidentemente erano già da prevedere dato il rallentamento dell'economia globale, dato il rallentamento della Germania. Questo comporta che invece di perdere tempo a cercare le colpe, gli alibi e i complotti internazionali, l'Italia deve necessariamente reagire, prendere atto di questo rallentamento e portare la crescita secondo i ritmi dichiarati dal governo con la manovra». «Forse – ha proseguito – è arrivato il momento che il governo si occupi della questione occupazione, lavoro e provvedimenti anticiclici per compensare il rallentamento dell'economia globale. Questa – ha aggiunto Boccia – è la realtà che abbiamo di fronte, poi se qualcuno vuole dire che è diversa vuole dir che viviamo in due Paesi diversi. Io penso e spero di no. Poi se riuscissimo a reagire lo spread si calmerebbe perché è frutto dell'incertezza della percezione del Paese»

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