Politica

Freedom Flotilla: qualcuno sapeva

I drammatici fatti accaduti a bordo della nave turca Mavi Marmara, potranno essere sembrati ai più come qualcosa di imprevedibile e di inspiegabile.
Vero è che la maggior parte della nostra stampa, così come quella internazionale, si è fatta travolgere, in certe ricostruzioni ed analisi, dal sensazionalismo che purtroppo in questi casi regna sovrano.
Andiamo con ordine.
Il 27 maggio sul sito Per la Palestina Boicottaggio disinvestimenti sanzioni per Israele, si descriveva, in un proclama, l’iniziativa e le motivazioni della Freedom Flotilla. Qualcosa di strano? Assolutamente no. Al termine del comunicato però vi era un invito quanto mai singolare che merita di essere citato: “invitiamo tutti i democratici, gli antifascisti, gli amici del popolo palestinese e della pace a seguire con attenzione gli avvenimenti sul sito www.witnessgaza.com/it ed a mobilitarsi immediatamente nell’eventualità che Israele concretizzi la minaccia di assaltare la Freedom Flotilla. Nel caso questo atto di pirateria dovesse verificarsi, diamo appuntamento per una protesta immediata a Roma in Piazza San Marco dalle ore 10 di sabato 29 maggio (ovvero alle ore 10 di domenica 30 maggio se dovesse accadere successivamente) e invitiamo a dare vita a mobilitazioni in tutte le città nei confronti di sedi israeliane e prefetture, per evidenziare la complicità del Governo italiano con i crimini israeliani.”
Facili profeti? Persone ben informate dei fatti? Ma andiamo con ordine. Che Israele potesse intercettare la flotta era evidente per varie ragioni.
In primo luogo Israele ha posto in essere un blocco navale che in base alla Dichiarazione di Londra per essere lecito deve avere tre requisiti: effettivo e cioè che il blocco deve essere mantenuto da una forza navale in grado di esercitarlo; non discriminatorio, nel senso che deve essere applicato a tutte le navi comprese quelle dello Stato bloccante, qualora a queste fosse consentito di commerciare con il nemico. Infine il blocco deve essere preceduto da appropriata dichiarazione affinché i neutrali siano a conoscenza dell’esistenza dello stesso.
Il fatto che, nella circostanza, Israele avesse intimato alla flottiglia di attraccare nel porto di Ashdod può essere interpretato come un segnale di apertura teso a garantire sia l’ispezione della nave che il trasporto dei beni che la nave conteneva alle popolazioni di Gaza.
Da queste prime valutazioni e dalla reazione avuta dai pacifisti a bordo della nave, certamente non consone a chi si fregia di questo singolare epiteto, si comprende come i settori più organizzati dei volontari della Freedom flotilla fossero ben consapevoli di quanto rischiosa fosse la loro operazione.
Le istruzioni emerse almeno sul sito italiano, lasciano intendere una premeditazione molto simile a quella alla quale abbiamo assistito negli ultimi dieci anni, in Europa, durante le manifestazioni dei black block.
Tradotto per chi fosse poco conoscitore di certe dinamiche violente voglio dire che in molti frangenti non è necessario essere muniti di armi da fuoco per risultare pericolosi, ma basta organizzarsi con mazze, bastoni, coltelli e molotov per seminare il panico.
Altro aspetto surreale delle ricostruzioni di queste giorni è poi quello menzionato su limesonline, la versione online del più famoso mensile di geopolitica italiana.
Nell’editoriale non si comprende l’uso dei reparti speciali e si ritiene la reazione israeliana un’operazione autolesionista in un contesto regionale dove la minaccia palestinese, araba, persiano o islamica non appare in grado di minacciare lo Stato di Israele
Andiamo anche qui con ordine. L’utilizzo dei reparti speciali per un’operazione di questo tipo poteva nascere da una duplice esigenza: da un lato ispezionare il carico della nave senza dover necessariamente farla attraccare nel porto. Dall’altro i reparti speciali sono più idonei a verificare che non vi siano gommoni in prossimità delle grandi imbarcazioni che possano ricevere materiale e merci di contrabbando senza poter essere intercettate dalle unità di superficie. Non è infatti una grande novità quella di far arrivare armi e munizioni facendo fermare i mercantili in acque internazionali e sfruttare barchini veloci e meno visibili per il trasporto di materiale bellico.
Per quanto riguarda invece la seconda valutazione emersa dall’editoriale di Limesonline è difficile parlare di impotenza dei nemici di Israele considerando la corsa al nucleare dell’Iran e l’arsenale missilistico di cui sembra disporre Hezbollah in Libano.
La consapevolezza israeliana di avere al confine la milizia del Partito di Dio armata di tutto punto, pronta all’occasione a scatenare una pioggia di missili ben più consistente di quanto fatto vedere da Hamas lo scorso anno, non deve essere una piacevole sensazione.
Certamente anche Israele ha compiuto e sta compiendo una serie di scelte non sempre coerenti che rischiano di isolarla ancor di più dal contesto geopolitico nel quale è collocata.
Non vi è dubbio che i rapporti con la Turchia vadano migliorati il prima possibile, anche alla luce della possibile instabilità che attraverserà la Turchia in previsione del referendum costituzionale.
Restano però forti sospetti su alcune realtà e organizzazioni che dietro ad una lodevole iniziativa umanitaria stavano cercando scientificamente una scintilla per scatenare quanto è successo.

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