Politica

Francesco Sciotto, “sgobbone” dell’ufficio stampa Pdl, si confessa A Voce Alta

Galeotto fu il blog e chi lo scrisse. Si potrebbe introdurre così la biografia di Francesco Sciotto, giovane mente pensante dell’ufficio stampa del Pdl, figlio della vecchia Forza Italia, appassionato di sistemi politici e una delle stelle di punta di Tocqueville, il più grande aggregatore di blog di centrodestra che oggi conta oltre 2000 iscritti. E’ salito dalla ridente e soleggiata Sicilia (Messina) per il tiro mancino di una ‘mano interattiva’. In compenso è pigro. Anzi, molto pigro. Non scriverebbe mai un libro, reputa la cosa incomprensibile ed è convinto che per riassumere centinaia di pagine sia sufficiente un aforisma perché, dice, “c’è sempre qualcuno che ha detto quello che volevi dire te, prima di te e molto meglio di come vorresti dirlo te”. E’ certo della superiorità della cucina americana rispetto a quella mediterranea. E a chi lo accusa di questo lui risponde: “Mangio per gusto, non per salute”. Natio del sud, rivendica però un animo padano, comasco per l’esattezza, tanto da dilettarsi nello studio della lingua insubre. Vive di politica, per pigrizia non fonderebbe mai un partito, ma se fosse costretto il nome scelto sarebbe Starsailor, come il suo primo nickname, solo per evitare ulteriori fatiche.
Il tuo incontro con Tocqueville e la scelta di quel nickname, Starsailor.
Non sono nato blogger. Tutto accadde 5/6 anni fa: sul sito internet dell’Opinione venni incuriosito da un banner che recava la scritta “Siti e blog” che mi aprì le porte della blogosfera. Mi avvicinai a Tocqueville e cominciai a intrattenere conversazioni virtuali con altri blogger, dibattendo su temi di politica, attualità, etica, valori… Dopo qualche mese venni contattato dal ‘sindaco’ della Città dei Liberi, Andrea Mancia, il deus ex machina dei ‘naviganti’: entrai nella redazione di Tocqueville per offrire volontariamente il mio contributo all’aggregazione e il mio nickname, Starsailor, volò nel firmamento di Tocqueville. La scelta di quell’epiteto cybernetico avvenne per caso, per una scelta ancora una volta pigra e banale: era il nome di una band brit-rock che ascoltavo molto in quel periodo.
Il primo articolo da blogger che hai scritto?
Credo fosse sulla “discontinuità” ai tempi invocata da Follini. Una situazione politica non così diversa da quella odierna. Oggi sono solo cambiati i protagonisti.
Una frecciatina per Fini?
Più che al presidente della Camera mi riferisco a certi megafoni del Fini-pensiero. Penso a chi, soprattutto nelle ultime ore, ha imboccato un tunnel di scelte, anche strategiche e tattiche oltre che politiche, errate dal quale non riesce più a uscire. Un tunnel che lo sta trascinando verso il baratro, il ridicolo se non patetico. E, insieme a lui, rischia di sprofondare tutto il progetto di Fini e della sua truppa. Stiamo parlando di gente, a mio avviso, inadeguata per i ruoli che ricopre (o ricopriva), incapace di gestire al meglio i momenti di pressione e di difficoltà.
Ma un discorso simile può valere anche per alcuni berlusconiani che si fanno portavoce non richiesti delle parole del premier, dandone una interpretazione errata o di convenienza. Personaggi che hanno perso la buona usanza dell’ascolto e acquisito la cattiva abitudine dello scontro.
Tu che sei amante dei sistemi politici, che ne pensi di un presidente della Camera alla Nancy Pelosi?
E’ molto semplice: l’idea in sé può essere condivisibile, ma sono sbagliati i tempi e i modi. Come ha detto il ministro Alfano nel suo intervento alla Direzione nazionale del Pdl, “delle buone ragioni esposte in cattivo modo sembrano tanto dei pretesti”. Se Fini avesse veramente voluto assumere un ruolo in stile Speaker americano avrebbe dovuto rendere note le sue volontà sin dal primo giorno: i deputati di maggioranza e opposizione avevano tutto il diritto di conoscere a monte le intenzioni del futuro Presidente. Questo non è avvenuto. Inoltre, il ruolo di Nancy Pelosi è quello di difendere davanti al Congresso le riforme e i piani del suo presidente; Fini, a quanto pare, vorrebbe interpretare il suo ruolo in maniera diversa, dal momento che gli ex An si sono autodefiniti la ‘minoranza nel Pdl’. Un caso unico: una maggioranza rappresentata dalla sua minoranza interna. Piuttosto ironico.
Quale sarebbe il sistema politico più adatto per l’Italia?
Io sono notoriamente un fan del modello americano, ma credo per l’Italia sia ormai troppo tardi. Non abbiamo la cultura sociale della vera democrazia. Non conosciamo la concorrenza e politicamente siamo poco avvezzi al sistema delle primarie. Gli americani sono nati bipolari, a differenza nostra. Hanno sistemi di finanziamento dei partiti con regole certe, chiare e garantiste. E’ senz’altro un Paese dove non manca la corruzione, ma l’approccio è più leale e l’opinione pubblica viene coinvolta e assume maggiore autorità come giudice. Inoltre, in Italia quando sbagli le dimissioni non esistono o se esistono, come dimostrano le ultime ore, sono una farsa. Insomma, un modello ideale che rimarrà tale.  
Cosa diresti per difendere la riforma del federalismo?
Ti rispondo citando Milton Friedman: “Ci sono 4 modi per spendere i soldi. Voi potete spendere i vostri soldi per voi stessi: quando lo fate, allora starete davvero attenti a cosa state facendo e cercherete di avere la massima resa per la vostra spesa. Oppure voi potete spendere i vostri soldi per qualcun altro: per esempio, io ho comprato un regalo di compleanno per una persona; ora, io non ho poi grande interesse per il contenuto del dono, ma sono stato molto attento al costo. Altra possibilità, io posso spendere i soldi di qualcun altro per me: e allora se posso spendere i soldi di qualcun altro per me state sicuri che ci scapperà una bella mangiata al ristorante! Infine, io posso spendere i soldi di qualcun altro per un’altra persona ancora; e se io starò a spendere i soldi di uno per un altro, non sarò preoccupato a quanti siano, né sarò preoccupato a come li spendo. E questo è quel che fa il governo. E questo ha circa il 40% del prodotto interno”. Ecco, con il Federalismo si vuole fare in modo che ognuno controlli la propria spesa e che le tasse subiscano la dovuta riduzione in seguito a un concetto molto bucolico: dal produttore al consumatore.
Ci sono gli oscar della politica: chi è il miglior attore protagonista?
Un migliore oggi non c’è. Berlusconi è una risposta ovvia e quindi scontata. Diciamo che se ci fossero i Razzie Awards, gli Oscar come peggiore protagonista, oggi il premio andrebbe senz’altro a Bocchino.
La ‘massima’ che ti aiuta ad arrivare, serenamente, a fine giornata?

Nessuna massima, quando le cose vanno male o la giornata è più stressante del solito penso sempre a quel barattolo di crema di marshmellow che mi aspetta a casa. Non è la massima di una mente eccelsa.
Hai uno spazio tutto per te. C’è qualcosa che vorresti dire?
Che dopo che pubblicherai questa intervista avrò bisogno di quel barattolo…

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