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Immigrazione, il caso “Diciotti” mette a dura prova il governo

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Sono giorni duri per la tenuta e il destino del governo di Giuseppe Conte. Abbandonata, infatti, l’unità dimostrata in reazione al crollo del ponte Morandi a Genova, sono due adesso i temi che tengono banco e che tendono a dividere la compagine giallo verde. Da una parte, infatti, il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico sta affrontando in questi giorni il caso Ilva. Secondo Luigi Di Maio, infatti, la gara conclusasi con l’assegnazione dello stabilimento ad ArcelorMittal conterrebbe delle irregolarità, rimanendo tuttavia non annullabile. I riflettori però non sono puntati sulla costa tarantina, ma su quella catanese. Al porto della città siciliana, infatti, è ormeggiata ormai da giorni la nave Diciotti della Marina militare italiana: a bordo 170 immigrati in attesa di ricevere una destinazione, mentre il ministero dell’Interno si rifiuta di farli sbarcare, in attesa di un contributo concreto da parte di altri Paesi europei, come Malta.

Nonostante la lotta all’immigrazione sia un cavallo di battaglia del titolare del Viminale, Matteo Salvini, smentendo le voci circa una frattura all’interno del Consiglio dei ministri è proprio Luigi Di Maio a esprimersi sulla questione, puntando il dito contro l’Unione Europea. «L’Europa nasce intorno a principi come la solidarietà, se non è in grado di ridistribuire 170 persone allora ha un serio problema con i suoi principi fondativi», è l’attacco che il capo politico del M5S lancia dalla trasmissione Agorà, di cui stamattina è stato ospite. Nel frattempo a Bruxelles si è tenuto un vertice sulla questione che – tuttavia – non ha portato a nessuna risoluzione. «Non vogliamo essere presi in giro dagli altri paesi dell'Unione – continua il ministro del Lavoro – Diamo 20 miliardi ogni anno all'Ue e ce ne rientrano poco più di 10. Vogliamo anche contribuire al bilancio, ma se c'è un progetto, una volontà di aiutarci in maniera reciproca. Altrimenti io con 20 miliardi altro che quota 100 per superare la Fornero, faccio quota 90 o 80…».

Veloce la replica della Ue, che tramite la voce di Alexander Winterstein, portavoce della Commissione, risponde ai ministri italiani che prospettano un mancato versamento dei contributi europei. «Le minacce non sono d'aiuto – avverte Winterstein – e non porteranno a avvicinarsi a una soluzione per i migranti a bordo alla Diciotti». «In Europa le minacce non servono a niente e non portano da nessuna parte – ha aggiunto il portavoce – Il solo modo per risolvere le cose in Europa è lavorare insieme in modo costruttivo e di buona volontà. Ed è quello che la Commissione cerca di fare da tempo». «Gli Stati membri hanno sempre pagato il loro contributo al bilancio dell'Ue – conclude Winterstein – C'è un chiaro obbligo legale che gli Stati membri hanno sempre rispettato». Tove Ernst, portavoce della Commissione europea per la Migrazione, chiarisce invece che «il vertice non è stata organizzato per risolvere il caso Diciotti e non ci aspettiamo decisioni».

Anche i governi politicamente più vicini a quello italiano, quelli del fronte cosiddetto “sovranista”, hanno chiuso la porta a una possibilità di redistribuzione dei migranti in tutti i Paesi membri. Il primo no giunge dall’Ungheria, perno del Visegrad e delle politiche antiimmigrazione nella Ue. Il ministro degli Affari Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha incontrato ieri alla Farnesina l’omologo ungherese Peter Szijjarto per sondare la disponibilità ad accogliere una parte dei migranti. Il ministero parla tuttavia di «dissonanze» con l'Ungheria sul tema migranti. «Do poco conto alle minacce, e specialmente a minacce del genere – ha affermato il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, rispondendo a una domanda sulla possibilità che l'Italia smetta di pagare almeno in parte i contributi al bilancio Ue. Secco no anche dal governo belga, che tramite il segretario di Stato all'Asilo del Belgio, Theo Francken, ha escluso che possa accogliere una quota di migranti a bordo della Diciotti. «Non accoglieremo più migranti illegali che partono sui barconi dall'Africa del Nord – spiega Francken – perché non è una soluzione». Linea più morbida da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel: la sua portavoce, Ulrike Demmer, dichiara: «Non bisogna lasciare l'Italia da sola»

Il ministro Di Maio parla ancora anche di quanti sono saliti a bordo della nave per sbloccare la situazione dei migranti, puntando il dito specialmente su Laura Boldrini, ex presidente della Camera attiva adesso per garantire il rispetto dei diritti di chi si trova a bordo della Diciotti. «Fanno la passerella a Catania ma non si sono visti ai funerali di Stato a Genova e mi riferisco a esponenti dell'opposizione» afferma il deputato di Acerra. Pronta e dura la risposta della parlamentare di Leu: «Trovo veramente una vergogna che una figura istituzionale usi questi motivi per gestire una situazione complicata. Io potrei dire la stessa cosa. Sebbene lui fosse vice presidente della Camera nella scorsa legislatura non l'ho visto in tante occasioni, in tanti incontri come funerali, più o meno di Stato, quando nostri connazionali sono morti. Non l'ho visto nelle prime ore del terremoto a Peschiera del Tronto, non l'ho visto mentre ancora i vigili del fuoco cercavano persone vive sotto le macerie. Forse – conclude Boldrini – in quel momento stava facendo dirette Fb sul nulla».

A criticare fortemente l’operato del governo c’è anche il segretario del Partito Democratico, Maurizio Martina, il quale chiede a Di Maio di «dire la verità agli italiani». «In Europa – continua il segretario dem – questo governo ha sostenuto il ricollocamento volontario vendendo in casa nostra questa scelta come una grande svolta. Nulla di più falso. Con la volontarietà di queste scelte non si cambia il quadro europeo e la verità è che il governo fa ancora una volta il forte con i deboli nel Mediterraneo ma il debole con i forti a Bruxelles. Con una sequela di slogan altisonanti, – conclude l’ex ministro alle Politiche Agricole – il governo sta portando il Paese sul baratro». Dure le critiche anche dal partito di Silvio Berlusconi: Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia e del Parlamento europeo, commenta incredulo le proposte di Di Maio. «Il taglio dei contributi Ue? Mi auguro sia uno scherzo – dice Tajani – All'Italia non servono ministri con sparate demagogiche, servono ministri che sappiano lavorare bene: è facile parlare dalla spiaggia».

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