Salute

Crescita preoccupante nell’uso delle “smart drugs”

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Un sondaggio rivela una crescita preoccupante nell’uso improprio dei farmaci che potenziano l’attenzione e migliorare le prestazioni nello studio e nel lavoro. Il test, condotto su decine di migliaia di persone in 15 paesi diversi, rileva che il 14% degli intervistati ha utilizzato le cosiddette “smart drugs”, ovvero le “droghe intelligenti” almeno una volta nei 12 mesi precedenti. Il risultato è in netta crescita se rapportato al 5% del 2015. E le percentuali più alte si registrano nel territorio europeo: in Francia, 13%, nel Regno Unito, 18%. Lo studio, pubblicato nell’International Journal of Drug Policy, è stato poi ripreso dalla versione online della celebre rivista Nature

Agli intervistati venivano chieste informazioni circa l’uso di sostanze normalmente prescritte ai pazienti che soffrono di ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, e anche di farmaci regolarmente utilizzate per normalizzare i ritmi del sonno per chi lavora di notte, fino a giungere agli stimolanti illegali come la cocaina

Sono gli Stati Uniti i “campioni” negativi di questa classifica: quasi il 30% degli intervistati, infatti, ha utilizzato le smart drugs almeno una volta durante l’anno scorso. Nel 2015 era appena il 20%. Ancora una volta, tuttavia, le curve di crescita maggiori si riscontrano in Europa. Come in Francia, dove l’uso di queste sostanze è passato dal 3% al 16%, o nel Regno Unito, dal 5% al 23%. Ancora l’Olanda ha visto crescere la percentuale dal 10% al 24% fra il 2015 e il 2017, mentre l’Irlanda è passata dal 4% al 18%. 

Di rilevanza anche i dati sulla provenienza di questi farmaci: il 48% del campione, infatti, ha dichiarato di averli ricevuti da amici, mentre il 10% li ha acquistati da un rivenditore o su internet e solo il 6% li ha ricevuti da un familiare. Infine, il 4% degli intervistati ha rivelato di avere delle ricette personali per “fabbricare” questi stimolanti.

«I partecipanti alla Global Drug Survey – spiega Larissa Maier, la psicologa dell’Università della California, che ha guidato lo studio – sono più propensi della popolazione generale ad essere interessati all’uso di droghe, il che potrebbe influenzare i risultati». Maier aggiunge anche che percentuali simili di uso non medico delle smart drugs sono rilevate anche negli studi che coinvolgono tutta la popolazione. Ciò spiega – secondo la psicologa – che «i risultati dell’indagine sono robusti».

«C’è un crscente uso legato agli stili di vita di farmaci che potenziano le capacità cognitive da parte di persone sane, il ché solleva preoccupazioni etiche», dice Barbara Sahakian, neuroscienziata dell’Università di Cambridge, esperta non coinvolta nello studio. 

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