Salute

20milioni di italiani pagano le prestazioni sanitarie di tasca propria

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Dal IX Rapporto Rbm-Censis sulla Sanità pubblica, privata e intermediata, presentato oggi al Welfare Day 2019, emerge che sono 19,6 milioni gli italiani che nell'ultimo anno, per almeno una prestazione sanitaria, hanno provato a prenotare nel Servizio sanitario nazionale e a causa dei lunghi tempi d'attesa, si sono rivolti alla sanità a pagamento, privata o intramoenia. La ricerca è stata fatta su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni statisticamente rappresentativo della popolazione.

 

Nell'indagine si legge «I forzati della sanità di tasca propria pagano a causa di un Servizio sanitario che non riesce più a erogare in tempi adeguati prestazioni incluse nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e prescritte dai medici» . Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un'altra nella sanità a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti. Sono inoltre 13,3 milioni le persone che a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche e accertamenti diagnostici sia nel pubblico che nel privato, per verificare la diagnosi ricevuta.

 

In 28 casi su 100 i cittadini, visto che i tempi d'attesa sono eccessivi o trovate le liste chiuse, hanno scelto di effettuare le prestazioni a pagamento, il 22,6% nel Nord-Ovest, il 20,7% nel Nord-Est, il 31,6% al Centro e il 33,2% al Sud. Transitano nella sanità a pagamento il 36,7% dei tentativi falliti di prenotare visite specialistiche, il 39,2% al Centro e il 42,4% al Sud, e il 24,8% dei tentativi di prenotazione di accertamenti diagnostici di cui il 30,7% al Centro e il 29,2% al Sud.

 

I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica. Nell'ultimo anno il 44% degli italiani si è rivolto direttamente al privato per ottenere almeno una prestazione sanitaria, senza nemmeno tentare di prenotare nel sistema pubblico. È capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti.


Quello delle liste d’attesa è un vero e proprio calvario. Le liste d'attesa sono sono ormai lunghe, quando non bloccate. In media ci vogliono 128 giorni d'attesa per una visita endocrinologica, 114 giorni per una diabetologica, 65 giorni per una oncologica, 58 giorni per una neurologica, 57 giorni per una gastroenterologica e 56 giorni per una visita oculistica. Tra gli accertamenti diagnostici, in media 97 giorni d'attesa per effettuare una mammografia, 75 giorni per una colonscopia, 71 giorni per una densitometria ossea, 49 giorni per una gastroscopia. E nell'ultimo anno il 35,8% degli italiani non è riuscito a prenotare, almeno una volta, una prestazione nel sistema pubblico perché ha trovato le liste d'attesa chiuse.

 

Di conseguenza la spesa privata sale a 37,3 miliardi di euro: +7,2% dal 2014 (-0,3% quella pubblica). Tra il 2013 ed il 2018 a fronte di una crescita del +9,9% della spesa sanitaria privata, la spesa sanitaria intermediata dalla sanità integrativa è cresciuta del +0,5%. La spesa sanitaria privata media per famiglia ha raggiunto quota 1.437 euro. Importanti anche i dati sulla capacità di rimborso della spesa sanitaria privata da parte della sanità integrativa: se in media infatti un cittadino finanzia l’85% delle cure private, aderendo ad una forma sanitaria integrativa l’ammontare da pagare di tasca propria per le medesime cure scende al 33%, perché quasi 2/3 della spesa sono rimborsati dalla polizza sanitaria.

 

Rimane alta la fiducia degli italiani nel Pronto soccorso. Il 48,9% dei cittadini che nell’ultimo anno hanno avuto una esperienza di accesso al Pronto soccorso ha espresso un giudizio positivo. Solo il 29,7% si è rivolto al Pronto soccorso in una condizione di effettiva emergenza, per cui non poteva perdere tempo. Mentre il 38,9% lo ha fatto perché non erano disponibili altri servizi, come il medico di medicina generale, la guardia medica, l’ambulatorio di cure primarie. Il 17,3% lo ha fatto perché ha maggiore fiducia nel Pronto soccorso dell’ospedale rispetto agli altri servizi.

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