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Omaggio alle donne che fondarono la nostra Repubblica

2giugno2
Scritto da vocealta

2giugno2Oggi si celebra la Repubblica Italiana. Le donne dovrebbero festeggiare due volte. Quel 2 giugno del 1946, quando gli italiani votarono il referendum istituzionale preferendo la repubblica alla monarchia, scelsero anche i 556 deputati dell’Assemblea costituente cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta costituzionale. Quello fu il primo voto politico delle donne, dal momento che l’elettorato attivo e passivo fu concesso loro solo due mesi prima, per le amministrative.

L’estensione del voto alle donne fu approvata l’anno precedente, 1945, dal Consiglio dei Ministri del Governo Provvisorio presieduto da Ivanoe Bonomi, un liberale che aveva conosciuto l’impegno politico misurarsi con il solo suffragio universale… maschile.

Sessantacinque anni fa, quindi, sono state elette le prime amministratrici locali e le prime deputate. Si potrebbe affermare “solamente sessantacinque”, se si valuta quanto tardi in Italia si è arrivati alla conquista di questo diritto. Potrebbero essere visti invece come un’eternità, se si leggono le percentuali delle donne elette e la scarsa crescita – quantitativa e qualitativa – che hanno avuto dal ’46 ad oggi. Le elette furono 21 su 556 – cioè poco meno del 4% – ed erano quasi tutte laureate, molte di loro insegnanti, qualche giornalista, una sindacalista e una casalinga. Una rappresentanza che fu anche maggiore nel gruppo di lavoro più significativo di quella Assemblea, ovvero la “Commissione dei 75”, incaricata di formulare la proposta di Costituzione da dibattere e approvare in aula: 5 donne su 75 membri. Senza contare l’enorme valore che rivestiva la loro partecipazione. Per comprenderlo fino in fondo sarebbe bastato il tono sferzante con il quale la democristiana Angela Guidi Cingolani, che qualche anno più avanti diventerà la prima donna sottosegretario, replicò ai commenti maschilisti che accolsero l’entrata in aula dello sparuto gruppo di donne: “Peggio di voi non potremmo fare!”.

(dall’ “Avanti!” del 2 giugno 2011)

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