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Attenti al Lupo. E al cinghiale/ Danni da fauna selvatica in agricoltura

Da seicento a mille: è il numero dei lupi presenti sul territorio nazionale. Trend in crescita per la specie protetta diventata il terrore delle imprese zootecniche, ormai disabituate ad una presenza praticamente diradata in molte aree del Paese. L’emergenza più preoccupante è però quella del cinghiale che danneggia colture e strutture. Anche in questo caso la causa è da individuare nell’aumento della popolazione degli ungulati e dalla grande capacità di adattarsi alle diverse condizioni ecologiche. La presenza del cinghiale si registra, ad esempio, nell’arco alpino dove mancava da decenni. A giocare un ruolo decisivo nell’invasione di ungulati è stata soprattutto l’immissione a scopo venatorio, iniziata negli anni ’50, dapprima con cinghiali importati dall’estero e poi con il rilascio di animali prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Ai raggi x il fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche: la tipologia delle specie, la localizzazione geografica, il complesso dei danni economici alle colture, l’attività svolta dalle amministrazioni competenti e l’insieme degli strumenti di cui si sono avvalse, con riferimento agli indennizzi richiesti ed erogati. È durata 2 anni e mezzo l’indagine conoscitiva deliberata dalla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati il 20 gennaio del 2009. Periodo nel corso del quale sono stati sentiti tutti i protagonisti del settore: associazioni ambientaliste, venatorie, rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole, nonché l’Unione delle province d’Italia, l’associazione nazionale comuni d’Italia ed i rappresentanti della Conferenza delle regioni. Dalle audizioni svolte è emerso un quadro generale di analisi che ha messo in evidenza la dimensione allarmante assunta dalla questione dei danni all’agricoltura da fauna selvatica ed il conseguente impatto sull’attività economica delle imprese agricole.

Da più parti è stata invocata l’esigenza di una nuova e più efficace politica di gestione e controllo della fauna selvatica da parte delle competenti istituzioni, cambiando l’approccio sino ad oggi adottato: non si tratta più, infatti, solo di gestire la fauna ai fini prettamente faunistico-venatori, ma di trovare un modo per riequilibrarne la presenza in funzione di esigenze di carattere sociale ed economico.

Pur nella diversità delle posizioni espresse dai soggetti ascoltati è risultata evidente la comune volontà di rinnovare alcuni principi della pianificazione e della programmazione faunistico-venatoria del territorio adeguandoli ai recenti orientamenti di politica agricola comunitaria, tenendo conto dei nuovi strumenti di tutela dell’ambiente previsti dall’Unione europea e valorizzando la multifunzionalità delle imprese agricole.

Da qui le proposte contenute nel documento approvato dalla Commissione Agricoltura a conclusione dell’inchiesta. Nello specifico, ed in particolare per i danni provocati dagli ungulati, «si ritiene che sia necessaria l’adozione di una strategia nazionale di gestione del cinghiale che, pur nel rispetto delle differenti finalità istitutive, risulti basata su un’opportuna armonizzazione e coordinamento degli interventi che si eseguono nelle aree protette, nelle aree contigue, negli ambiti pubblici e privati di caccia. Il tutto attraverso investimenti strutturali e, in particolare, attraverso un’attenta verifica e analisi delle modalità di gestione di alcune attività, come quella d’allevamento, che non può più svolgersi allo stato brado. Nelle situazioni più allarmanti va valutata anche la possibilità di azioni di contenimento e di cattura». In merito ai danni si punta ad «un sistema di misure di prevenzione incentivando le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno»; dall’altro l’orientamento è quello di «rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni attraverso un completo reintegro della perdita di reddito per l’agricoltore. A tal proposito occorrerà che anche le amministrazioni regionali e locali facciano uno sforzo per implementare adeguate misure di prevenzione. Per far fronte ai risarcimenti, è allo studio un sistema per la copertura dei danni da fauna selvatica tramite l’istituzione di un’apposita sezione del Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali».

«Il nostro lavoro – spiega il presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Paolo Russo – non è finito qui. La Commissione prenderà adesso in esame le proposte di legge presentate in merito al fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica affrontando in maniera complessiva la questione e trasponendo in legge alcune di quelle proposte. Puntiamo ad indicare la strada per tutelare e mediare le esigenze di salvaguardia dell’ecosistema, con quelle, altrettanto legittime, delle imprese agricole che ricevono danni considerevoli dall’invasione, molto spesso indotta, di ungulati e specie protette. Per questo motivo riteniamo preziosissimo il contributo che ci è stato fornito da tutti i soggetti auditi che ci hanno offerto numerosi e diversificati spunti di riflessione che costituiscono preziosi punti di partenza per giungere ad una soluzione organica ed efficace». «Sono stati raggiunti risultati importanti, anche grazie alla sensibilità per questa problematica dimostrata dal presidente della Commissione, Paolo Russo. Un problema a caratura nazionale che – spiega la relatrice del provvedimento Monica Faenzi – danneggia irreparabilmente la produzione dei nostri agricoltori. Grazie alla collaborazione di tutte le associazioni e degli agricoltori stessi, si è cercato di dare delle risposte certe al settore. Questa indagine costituirà, infatti, la base per una proposta normativa in materia. Riguardo ai danni provocati dagli ungulati ed alle immissioni non programmate va presa in considerazione l’opzione di introdurre il divieto di rilasciare sul territorio ulteriori esemplari di fauna per le specie di cui è stato accertato uno squilibrio delle popolazioni, in particolare il cinghiale».

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