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Accuse a Scajola, la procura di Perugia smentisce il Fatto

claudio_scajola_ok
Scritto da vocealta

claudio_scajola_okPovero Marco Lillo, firma di punta del Fatto Quotidiano! Questa mattina aveva cercato di rilanciare il coinvolgimento di Claudio Scajola nell’inchiesta che aveva condotto l’ex ministro dello Sviluppo economico alle dimissioni per consentire ai magistrati di procedere più serenamente nell’accertamento dei fatti che sembrava lo avessero coinvolto.

E invece? Invece è facile accorgersi che le accuse mosse dal quotidiano diretto da Antonio Padellaro sono il solito polverone da Fango Quotidiano.

Lo conferma l’autorevolissima agenzia di stampa Ansa che nel pomeriggio di oggi riferisce, senza lasciare adito ad interpretazioni: «Sono documenti già vagliati dagli inquirenti perugini e dai quali non sono scaturiti elementi ritenuti utili alle indagini quelli relativi a lavori svolti nel 2002 al ministero dell’Interno guidato allora da Claudio Scajola e oggi al centro di un articolo del Fatto. Carte comunque trasmesse dai pm del capoluogo umbro alla procura di Roma per una loro eventuale valutazione». Cosa significa? Semplice! Che i lettori del Fatto si vedono servite al mattino pseudo notizie trite, ritrite e scadute. Il motivo è presto detto ed è chiarito sempre dall’Ansa: «I lavori relativi ai condizionatori avrebbero avuto un valore di poche decine di migliaia di euro e vennero compiuti da una società che operava anche per il gruppo di Diego Anemone, il personaggio considerato al centro dell’ indagine sugli appalti per i Grandi eventi. Inchiesta incentrata invece su grandi opere pubbliche relative agli ultimi anni». Veniamo al passaggio chiave, che fa capire come – in fondo – sia la procura di Perugia stessa a smentire Marco Lillo e il Fatto Quotidiano: «Esaminando i documenti gli inquirenti perugini non avrebbero inoltre rilevato alcuna loro competenza, legata al coinvolgimento negli accertamenti dell’allora procuratore aggiunto di Roma Achille Toro. Hanno comunque deciso di inviare una copia degli atti alla procura della capitale per un eventuale approfondimento».

Tradotto in parole semplici significa che la procura di Perugia – nell’ambito dell’inchiesta che sta conducendo – ha già preso ampiamente in considerazione le fatture attraverso le quali gli amici di Padellaro e Travaglio vorrebbero tirare nuovamente in causa Scajola e ha ritenuto che non ci fosse nulla su cui procedere. Poi, nel rispetto delle rispettive competenze, e dunque della legge, ha comunque rinviato ai colleghi romani gli atti. Ma se i magistrati di Perugia avessero trovato argomenti per procedere, perché mai non avrebbero dovuto farlo? Non hanno certo mancato di solerzia nei confronti di altre persone.

In pratica – tirando le somme della giornata odierna – non c’è stato nemmeno bisogno che Scajola rispondesse al Fatto Quotidiano perché la risposta l’ha data spontaneamente la stessa procura di Perugia la settimana scorsa confermando la sua innocenza, così come ha sottolineato oggi l’Ansa, che ha svelato l’ennesimo finto scoop. Una bella lezione per chi, come Marco Lillo e il Fatto Quotidiano, pensa di poter sempre insegnare ai magistrati, a tutti i magistrati, come si fa il proprio lavoro.

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