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Clandestini. L’assurda decisione della Corte di giustizia europea

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Scritto da vocealta

bandiera-europa-strappata-72_jpgLa Corte di giustizia dell’Unione europea ha bocciato la norma italiana che nel 2009 ha introdotto il reato penale di clandestinità, con una pena da uno a quattro anni per i trasgressori, norma approvata dal Governo Berlusconi con il primo “pacchetto sicurezza” del 2008. Con una motivazione giuridica tanto ampia quanto miope, la Corte di Giustizia rimprovera al governo italiano di essere andato oltre le indicazioni della direttiva europea in materia di clandestinità, che si limitano a prescrivere il rimpatrio dei clandestini che non hanno né dimora, né un contratto di lavoro, né mezzi sufficienti per il sostentamento. Per la Ue, il rimpatrio può e deve essere ottenuto con due fasi distinte. La prima: in presenza di un decreto di espulsione, il clandestino ha trenta giorni per andarsene con i mezzi propri.

La seconda: se non ottempera a questo foglio di via entro i 30 giorni, il clandestino può essere fermato e trattenuto fino a 18 mesi in un centro di identificazione e di accoglienza, dal quale sarà poi espulso in modo coattivo, a spese dello Stato. Andare oltre questa gradualità, per la Corte di giustizia europea, non è ammesso. Così quando si è trovata a giudicare sul ricorso di un algerino, tale Hassen El Dridi, condannato a un anno di reclusione a fine 2010 dal tribunale di Trento per non avere rispettato l’ordine di espulsione, la Corte europea ha bocciato la normativa introdotta dal governo Berlusconi in quanto «una sanzione penale come quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali».

È evidente che una simile decisione è come benzina sul fuoco nel contesto attuale. Non solo sconfessa un punto cardine della politica per la sicurezza dei cittadini messa in atto dal governo Berlusconi, ma apre la strada a una sorta di “tana liberi tutti” per i 25 mila clandestini appena sbarcati a Lampedusa e per le migliaia di clandestini che d’ora in poi potrebbero rovesciarsi sulle coste italiane dal Nord Africa colpito dalla guerra in Libia. Un’emergenza che alla Corte di Giustizia europea ritengono che si debba affrontare e risolvere con i guanti bianchi, la commedia dei fogli di via non rispettati, e infine con i rimpatri forzosi via nave o aereo dei clandestini più sprovveduti.

È la solita visione burocratica dei problemi, una visione miope, tipica di un’Europa sempre più lontana dai cittadini, e dalla vita concreta di ogni giorno. Una visione incapace di ammettere che la normativa italiana costituiva un deterrente forte, certamente più efficace dei fogli di via ma certamente non violento, una soluzione ben diversa da quella che hanno adottato altri Paesi del Mediterraneo, che sparano sui gommoni e sui pescherecci dei clandestini. Di questa soluzione, che non appare certo in linea con il rispetto dei diritti umani, l’Unione europea sembra essere ancora ignara. E lo resterà ancora a lungo, finché la sinistra gli coprirà il fianco, in nome di un buonismo che – a conti fatti – calpesta il diritto degli italiani a non essere invasi da clandestini senza lavoro, senza mezzi di sostentamento, e pronti a delinquere. L’ennesimo autogol dell’Europa e della sinistra, con la scusa dei diritti umani.

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